Omeopatia: un approccio “culturomico”

(post scritto per lo Speciale Omeopatia di Query online e Oggi Scienza)

Il 14 gennaio Jean-Baptiste Michel, Erez Lieberman Aiden e diversi altri autori, legati al Cultural Observatory dell’Harvard University, all’Encyclopaedia Britannica, all’American Heritage Dictionary o al motore di ricerca Google, hanno pubblicato su Science un interessante lavoro intitolato Quantitative Analysis of Culture Using Millions of Digitized Books. Come noto, Google ha scansionato a oggi oltre quindici milioni di volumi (circa il 12% di tutti quelli pubblicati). Gli autori dell’articolo hanno selezionato, basandosi sulla qualità delle scansioni e dei dati bibliografici forniti, oltre cinque milioni di libri pubblicati fra il XVI e il XXI secolo, formando un corpus di cinquecento miliardi di parole (fra queste, 300 miliardi in inglese, 45 in francese, 37 in tedesco). Hanno poi definito insiemi composti da una a cinque parole, chiamati N-gram. Dividendo il numero di occorrenze di un determinato N-gram per il numero di parole nel corpus per quel determinato anno si ottiene così la frequenza d’uso di quella parola nell’anno oggetto d’interesse, ed è così possibile individuare i picchi d’uso di una certa parola (o gruppo di parole) in una serie temporale e studiare così i cambiamenti linguistici e culturali. Gli autori hanno definito il loro approccio “culturomica” (culturomics). Come scrivono nel loro articolo:
La culturomica è l’applicazione della raccolta e analisi di dati ad alto rendimento allo studio della cultura umana. I libri sono l’inizio, ma dobbiamo incorporare quotidiani, manoscritti, mappe, lavori artistici e una miriade di altre creazioni umane. Naturalmente, molte voci – già perse da tempo – saranno per sempre irraggiungibili.
I risultati della culturomica sono un nuovo tipo di evidenza nelle scienze umane. Come con i fossili di antiche creature, la sfida della culturomica risiede nell’interpretazione di [tale] evidenza.
Su un sito specifico, gli autori hanno reso disponibile un browser per la visualizzazione dei dati (chiamato Google Ngram Viewer) e i dati grezzi utilizzabili per nuove elaborazioni da parte di altri ricercatori.
Gli storici Mike Dash e Egil Asprem hanno già provato ad applicare il Google Ngram Viewer a lemmi relativi ai loro rispettivi campi di ricerca (a noi affini): i fenomeni fortiani e l’esoterismo. Questo speciale è l’occasione per seguire il loro esempio e dare una scorsa alle frequenze di utilizzo di “omeopatia” fra il 1815 e il 2000 in tre diversi corpus: quello tedesco, quello francese e quello inglese, come sono visualizzati attraverso il viewer:
Ricerca per Homöopathie, libri pubblicati in tedesco fra il 1815 e il 2000

Ricerca per homéopathie, Homéopathie, libri pubblicati in francese fra il 1815 e il 2000
Ricerca per homeopathy, Homeopathy, libri pubblicati in inglese fra il 1815 e il 2000

Lo strumento ha dei limiti (alcuni dei quali sono stati evidenziati, tra gli altri, da Brett Holman e, ancora, da Egil Asprem) e i curatori del progetto hanno elencato (nelle sezioni V e VI della FAQ) certi aspetti da tenere in considerazione quando si interpretano i dati. Possiamo comunque, con beneficio d’inventario, provare a fare alcune osservazioni: Christian Friedrich Samuel Hahnemann (1755-1843) era nato ed esercitò principalmente in Sassonia, non sorprende quindi che il termine si sia diffuso prima in lingua tedesca piuttosto che in quella francese (in Francia la pratica omeopatica fu introdotta nel 1830 dal medico casertano Sebastiano Guidi (1769-1863) e lo stesso Hahnemann vi si trasferì nel 1835; il picco per Homéopathie fra il 1824 e il 1830 è probabilmente un artefatto) o inglese (fu introdotta negli Stati Uniti nel 1825 e nel Regno Unito qualche anno dopo). Più interessante è il confronto delle frequenze fra le diverse lingue nel corso del tempo: ad esempio se in tedesco e in francese è presente un (possibile) aumento d’interesse nella seconda metà degli anni ’30 del ventesimo secolo, in inglese è piuttosto individuabile una flessione; tutti i tre grafici poi indicano un’esplosione della popolarità del termine nelle tre lingue nell’ultimo ventennio del Novecento, seppure in tempi e modi differenti.
Interessante è anche il seguente grafico che mette a confronto le frequenze delle parole omeopatia e agopuntura:
Ricerca per homeopathy, acupuncture, libri pubblicati in inglese fra il 1815 e il 2000
Come ricorda il sito del progetto, il Google Ngram Viewer è comunque solo uno strumento di visualizzazione e non è il caso di formulare ipotesi affrettate sulla natura dei trends che abbiamo pubblicato: speriamo, però, di ispirare qualche studioso a compiere ricerche che, integrando i dati grezzi resi disponibili da Cultoromics con le metodologie e le fonti proprie dei cultural e science studies, possano fornirci importanti informazioni sul come l’omeopatia si sia diffusa nelle differenti aree culturali e sulle ragioni del suo successo, o insuccesso, culturale in funzione del tempo.

E in italiano?

Purtroppo il numero di libri digitalizzati da Google per la nostra lingua è ancora troppo ridotto e quindi non è disponibile un corpus. L’accordo fra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Google dello scorso marzo fa sperare che questo limite sarà presto superato, almeno per il periodo non più coperto dal copyright.
Possiamo comunque già ora utilizzare le potenzialità di Google Libri per studiare, ad esempio, la formazione del lessico utilizzato dalla disciplina alternativa. Sappiamo che l’omeopatia si è diffusa in Italia dal 1821 dal Regno di Sicilia, anche se occasionali articoli che facevano riferimento alle ricerche di Hahnemann (o Anemanno, come a volte il cognome fu reso in italiano) erano già apparsi su alcuni periodici in lingua italiana degli anni precedenti. Ma quando sono apparse le parole che la definivano? I repertori lessicografici tradizionali hanno il limite di essere spesso frutto di schedature manuali e la copertura dei lessici particolari non è sempre ottimale. Le prime attestazioni registrate di una parola possono quindi essere di diversi anni, decenni, e a volte di secoli successive all’effettivo ingresso nella lingua.
Per quanto ci riguarda, l’insuperato DELI – Dizionario etimologico della lingua italiana (Cortellazzo – Zolli, 1999) riporta
  • il 1828 per omeopatia e allopatia (nel Dizionario tecnico-etimologico-filologico dell’abate Marco Aurelio Marchi, pubblicato in due tomi a Milano in quell’anno: ma quando una parola è registrata da un dizionario, di solito è già, in un qualche modo, diffusa);
  • il 1834 per omiopatista (‘seguace dell’omeopatia’, omeopatista nel 1891);
  • avanti il 1835 per l’aggettivo omiopatico (il 1859 -o forse il 1855, la voce non è chiara- per omeopatico, la forma oggi sopravvissuta; ma nel 2005 Fiorenzo Toso (Toso, 2005: 454) ha potuto retrodatarla al 1840);
  • avanti il 1862 per l’identico sostantivo (‘chi cura gli ammalati col metodo dell’omeopatia’; con lo stesso senso omeopatico, 1874-75);
  • il 1872 (in Vittorio Alfieri) per l’aggettivo allopatico.
Da parte sua, lo Zingarelli (Zingarelli, 2010), che sfrutta un proprio corpus lessicale, anticipa omeopatia al 1826, allopatico al 1840 e aggiunge omeopata (1978). Un controllo sul recentissimo vocabolario etimologico di Alberto Nocentini (Nocentini, 2010) non porta a datazioni diverse rispetto a quelle già indicate.
Ora, pur tenendo conto del fatto che, come abbiamo già ricordato, la base dati è ancora limitata e non esente da errori, attraverso una rapida ricerca con Google Libri possiamo comunque proporre qualche modifica al quadro che appare negli strumenti lessicografici che abbiamo esaminato.
Già nel 1816, la forma oggi corrente dell’aggettivo “omeopatico” apparve, al femminile, nello Stato della medicina nel decennio 1805-1814 di Curt Sprengel.
Negli anni ’20: “omopatia” [1] apparve in una corrispondenza dalla Germania datata “Dresda, 25 agosto 1820” e pubblicata sul fascicolo di ottobre 1820 della Biblioteca Italiana; nel 1822 fecero la loro comparsa due forme di scarso successo, “omoiopatia” e “omoiopatico” (aggettivo, al femminile) ed una che ancora è utilizzata, l’aggettivo “allopatico”, nella prima pubblicazione monografica dedicata al sistema di Hahnemann della penisola italiana, Il sistema medico del dottor Samuele Hahnemann pubblicato a Napoli nel 1822 dal medico danese Joergen Johan Albrecht von Schoenberg (1782-1841) riprendendo il testo della sua relazione all’Accademia delle Scienze della capitale del Regno nel novembre precedente; “omiopatia”, “omiopatista” e l’aggettivo “omiopatico” sono attestabili dal 1824, quando apparvero in una delle traduzioni dell’opera principale del medico tedesco che in quegli anni vedranno la luce nella penisola italica, l’Organo dell’arte medica, tradotta (a partire dalla seconda edizione tedesca del 1819) e pubblicata da Giuseppe Antonio Gaimari (1779-1839) con diverse note critiche (dove sono principalmente i nostri termini); “allopatico” e “allopatista” (‘sostenitore della medicina corrente’, il primo al plurale) fecero la loro comparsa, rispettivamente, nel 1826 e nel 1828 nelle parti redazionali che il medico vastese Francesco Romani (1785-1852), uno dei pionieri della disciplina in Italia, volle premettere a due dei tomi della sua traduzione di un altro testo dell’Hahnemann, la Pura dottrina delle medicine [1811]; nel 1827, nel mentre, era comparso “omiopatico” (‘chi cura con l’omeopatia’, al plurale) nella traduzione di un articolo di G. G. Gross pubblicata sul primo fascicolo della versione italiana dell’Archivio della Medicina Omiopatica curato dal lucchese Giuseppe Belluomini (1776-1854).
E poi, nel decennio successivo: il sostantivo “omeopatico” (per “seguace dell’omeopatia’”, al plurale e, forse, in senso dispregiativo, ricorse nel 1833 in due diversi numeri della Gazzetta Piemontese; “allopatista” (aggettivo) nel 1834 sulla Biblioteca Italiana, in una recensione critica ad una traduzione di un testo hanhemanniano apparsa a Venezia nel 1833; “omeopatista” “omeopatista” intorno al 1838, negli Annali di medicina omiopatica per la Sicilia; infine “omeopata” nel 1840 (quasi 140 anni prima di quanto registrato nello Zingarelli, ma potrebbe benissimo essere un caso isolato) in una Breve cicalata sull’Omiopatia del medico senese Baldassarre Bufalini, pubblicata sui romani Annali medico-chirurgici.
Si tratta di risultati preliminari e nuovi studi che collochino le origini dell’omeopatia all’interno del contesto culturale, politico, sociale e scientifico dell’Italia pre-unitaria sono necessari anche per meglio investigare le questioni relative al lessico e alla sua stabilizzazione. Ma da questa rapida carrellata. risulta piuttosto evidente che questo si sia formato piuttosto precocemente (sicuramente prima di quanto potevano indicarci gli strumenti lessicografici esistenti). A questa formazione non sembra essere stato estraneo il clima di controversia fra sostenitori della nuova pratica importata da oltralpe e i sostenitori dell’approccio medico corrente: controversie che, fin dall’inizio, l’omeopatia seppe sollevare e che, ancora oggi, solleva.
[1] Secondo alcune fonti (cfr. Tiberi & Verga, 2007: 97), per la prima volta il termine omeopatia sarebbe apparso nel 1801 sull’Osservatore medico, rivista di medicina pubblicata a Napoli, in relazione all’uso della belladonna contro la scarlattina, proposta da Hahnemann in un suo lavoro di quell’anno. Purtroppo non è stato possibile localizzare una collezione della rivista per controllare il riferimento.
Bibliografia
Cortellazzo, Manlio; & Zolli, Paolo (1999). DELI : Dizionario etimologico della lingua italiana [2a edizione]. Bologna: Zanichelli.
Michel, J-B.; Shen, Y. K.; Aiden, A. P.; Veres, A.; Gray, M. K.; Team, T. G. B.; Pickett, J. P.; Hoiberg, D.; Clancy, D.; Norvig, P.; Orwant, J.; Pinker, S.; Nowak, M. A.; & Aiden, E. L. (2011, January 14). Quantitative Analysis of Culture Using Millions of Digitized Books. Science 331(6014): 176-182, doi:10.1126/science.1199644
Negro, Antonio; & Negro, Francesco F. (2007). Bibliografia omeopatica italiana 1822-1914. Milano: Franco Angeli
Nocentini, Alberto (2010). L’ etimologico : vocabolario della lingua italiana. Milano: Le Monnier.
Tiberi, Anna; & Verga, Emanuele (2007). Appunti di storia delle origini dell’omeopatia in Italia. In Negro & Negro cit., 97-103.
Toso, Fiorenzo (2005). Retrodatazioni e attestazioni precoci da fonti ottocentesche e primo-novecentesche. Zeitschrift für romanische Philologie 121(3): 426-475, doi:10.1515/ZRPH.2005.426
Zingarelli, Nicola (2010). Lo Zingarelli: vocabolario della lingua italiana [12a edizione]. Bologna: Zanichelli.

Due volumi di David Evans

(via Academic-Study-Magic Discussion List)

Per chi è interessato alla storia dei movimenti magici contemporanei sono usciti nei mesi scorsi due volumi che forse mi procurerò nei prossimi tempi

Evans, Dave (2007). Aleister Crowley and the 20th Century Synthesis of Magick: Strange Distant Gods That Are Not Dead Today. ?: Hidden Publishing

Evans, Dave (2007). The History of British Magic After Crowley. ?: Hidden Publishing

In particolare il secondo volume è, a quanto pare, una storia sociale della magia del XX secolo in Gran Bretagna (o, come precisa ironicamente lo stesso autore in un estratto disponibile al collegamento suindicato, “A partial history of some elements of the philosophies and magical practices of a skewed and not totally representative subset of magicians working in some magical styles in a few areas of Britain, since the death of Crowley at approximately at the end of World War Two” [pp. 15-16]) frutto del lavoro di ricerca (nel caso del primo volume per il Master of Arts, conseguito nel 2001, e, nel caso del secondo, per il dottorato in storia, recentemente conseguito presso la Bristol University) di uno storico, David Evans, che, sulla scia di Ronald Hutton (vedi i miei precedenti post qui e qui), cerca di applicare gli strumenti propri della professione al milieu magico inglese che conosce dall’interno.

P.S.: una recensione di quest’ultimo volume è disponibile, su un blog inglese, qui.

Ancora su The Druids (2007) di Ronald Hutton

(via The Wild Hunt)

Lo scorso 13 maggio il quotidiano britannico The Indipendent, con un articolo di Gary Lachman, ha segnalato l’ultimo volume di Ronald Hutton (di cui avevo già parlato qui):

[…] The Druids, like his earlier work, explores the notion of “invented tradition”; something, he writes, “that relies upon an original foundation myth that has subsequently been disproved but has made itself worthy of respect in its own right.” Both wicca and neo-paganism fall into this camp, their claims to ancient lineage being undermined while their significance as post-modern religions is celebrated in his brilliant Triumph of the Moon.

Predictably, Hutton finds himself defending his position on two fronts. Neo-pagans, clinging to the notion that their beliefs are part of an ancient nature religion, and radical feminists upholding the idea of a primeval matriarchal society (which Hutton finds “rather delightful”), scorn Hutton’s refreshingly cheerful acceptance that there seems little evidence for either of these. And his less unbuttoned colleagues shake their heads at his optimism about Druidry and other “alternative spiritualities” as valid contemporary religions. He has a very pragmatic, creative attitude, recognising that factual error can still produce beneficial results. We may not be able to “get it right”, about the Druids and other people of the past, but “we can look upon the past and how it works for us, and call upon it in order to make the future”.

L’articolo completo è leggibile qui.

Sull’osservazione UFO del 23 aprile sulla Manica

Nel Disclosure Log della sezione “Freedom of Information” del sito del Dicastero della difesa britannico è stata pubblicata la documentazione in possesso di quell’ente relativa all’osservazione di un fenomeno aereo non identificato effettuata, tra gli altri, da due piloti civili il 23 aprile scorso vicino alle Channel Islands (osservazione ripresa anche dai mass media italiani). Il materiale, 9 pagine più la lettera di accompagnamento con cui, il 4 maggio scorso, è stato reso disponibile ad un richiedente, è accessibile qui.

Il responsabile FOI nota:

They stated that the sighting took place in French airspace for defence and therefore this is a matter for the French authorities to deal with. They concluded there was no threat to the UK and, accordingly, the MoD investigation will not be taken any further.

Un aggiornamento sulla declassificazione britannica

L’apparente quasi contemporaneità dell’inizio della pubblicazione sul web della documentazione raccolta dall’ente civile francese GEIPAN (e dai suoi antecedenti) iniziata il 22 marzo scorso (vedi qui) e dell’annuncio di qualche giorno fa (vedi qui) da parte del Ministero della Difesa britannico (di seguito MoD) della futura pubblicazione, anch’essa on-line, del materiale raccolto dal DI55 (Defence Intelligence 55, la sezione prima del Directorate of Scientific and Technical Intelligence e poi, dal 1991, del Defence Intelligence (Scientific and Technical) del dicastero stesso, destinataria di copie delle segnalazioni di fenomeni aerei non identificati fra il 1967 e il 2000) ha portato alcuni appassionati di ufologia a fare riferimento in messaggi apparsi su gruppi di discussione sulla Rete a quel paradigma interpretativo (che meriterebbe di essere indagato con le metodologie proprie della storia delle idee) che vede nelle declassificazioni da parte delle istituzioni pubbliche, nelle dichiarazioni da parte di membri e (specialmente) ex membri dell’establishment politico e militare etc. una strategia dei governi mondiali volta a preparare l’opinione pubblica a quella verità sugli UFO che, per quegli appassionati, è nota agli stessi ma taciuta.

In realtà i processi di declassificazione andrebbero analizzati iuxta propria principia: e chi ha seguito negli ultimi anni, anche alla lontana, tali processi in relazione a documentazione politica, militare e/o d’intelligence, avrà probabilmente intuito, in tutto o in parte, le ragioni “esplicite” (almeno all’interno dell’istituto decisore) degli odierni rilasci di ampie dimensioni. Ragioni che, per il caso britannico, sono oggi evidenziate da uno scambio di messaggi, nell’intenzione degli autori riservato, ottenuto in questi giorni da David Clarke insieme ad altro materiale relativo alla documentazione del DI55, compreso un sommario di quanto sarà pubblicato.

Il tutto è presentato da Joe McGonagle (che con Clarke e Gary Anthony ha avuto un importante ruolo di stimolo nel convincere gli uffici competenti del dicastero a giungere alla decisione poi presa) in un commento intitolato Contaminated records and the release of the DI55 files, firmato anche dagli altri due ricercatori, che è apparso oggi sul sito da egli curato. Dallo scambio di messaggi si evince anche l’opinione maturata nei confronti della normativa britannica sulla libertà d’informazione e di coloro che la utilizzano da parte di uno dei due anonimi interlocutori nonché il possibile rischio che correrà la documentazione originale dopo la pubblicazione on-line.

[Per approfondire l’interesse “ufficiale” nel Regno Unito:

Clarke, David, & Roberts, Andy (2002). Out of the Shadows. UFOs, the Establishment & the Official Cover-up. London (UK), Judy Piatkus.

Clarke, David, & Anthony, Gary (2006, August). The British MoD study: Project Condign. International UFO Reporter 30(4), 3-13, 29-32

nonché il sito del Condign team:

http://www.uk-ufo.org/condign/

Come già ricordato in un precedente post, David Clarke parteciperà il prossimo 23 giugno al convegno organizzato dal Centro Italiano Studi Ufologici. Per maggiori informazioni vedi qui ]

In uscita uno studio sociologico sul paganesimo giovanile nel mondo anglofono

Chas S. Clifton (che ha recentemente pubblicato un’interessante storia del paganesimo negli Stati Uniti che sto terminando di leggere: Her Hidden Children. The Rise of Wicca and Paganism in America. Lanham, MD: Altamira Press, 2006; recensione di Sean McCloud su H-Amstdy dello scorso settembre disponibile qui) segnala sul proprio blog la prossima uscita di

Berger, Helen A., & Ezzy, Douglas (2007). Teenage Witches. Magical Youth and the Search for the Self. Rutgers University Press

Gli autori sono Helen A. Berger, professore di sociologia presso la West Chester University di West Chester in Pennsylvania e già autrice, fra l’altro, di A Community of Witches: Contemporary Neo-Paganism and Witchcraft in the United States (University of South Carolina Press, 1998; recensione di Frances Kostarelos su Sociology of Religion, Winter 1999, disponibile qui), e Douglas Ezzy, senior lecturer in sociologia presso l’australiana University of Tasmania.

(Il volume sembra interessante, ed è possibile che me ne procuri una copia)

Nuovo libro di Ronald Hutton: The Druids (2007)

Fra le sua varie pubblicazioni, Ronald Hutton, professore di storia alla Bristol University, ha dedicato volumi assai interessanti alla storia del calendario rituale nel Regno Unito (The Stations of the Sun. A History of the Ritual Year in Britain. Oxford, UK: Oxford University Press, 1996) e alla storia del paganesimo contemporaneo (il pioneristico The Triumph of the Moon. A History of Modern Pagan Witchcraft. Oxford, UK: Oxford University Press, 1999; si vedano anche i saggi in argomento nell’antologia Witches, Druids and King Arthur (London, UK: Hambledon and London, 2003)).

Lo scorso marzo ha pubblicato il primo volume dei due che intende dedicare ai druidi. Si tratta di

Hutton, Ronald (2007). The Druids. London: Hambledon Continuum.

che mi è arrivato ieri.

Ecco la seconda di copertina:

Ronald Hutton’s latest book is the first comprehensive study of what people have thought about the ancient Druids and why. Written in a racy and accessible style, it is essential reading for everyone interested in exploring our mysterious past.

Most books written on the Druids hitherto have been by archaeologists specialising in the Iron Age, who have occupied a great deal of space trying to find things to say about the ‘original’ ancient priesthood. Most have then devoted a final section of their books to people who have called themselves Druids since 1700 – until recently with contemptuous dismissal. Hutton’s contention is that the sources for the ancient Druids are so few and unreliable that almost nothing certain can be said about them. Instead, he reverses the traditional balance of interest to look at the many ways in which Druids have been imagined in Britain since 1500, and what this tells us about modern and early modern society. In the process, he achieves many new insights into the development of British national identities, established and ‘alternative’ religions, literary culture, fraternal organisation and protest movements. He also suggests new ways in which the discipline of archaeology can be perceived – which will delight some practitioners and enrage others.

Nuovo libro di David Clarke e Andy Roberts: Flying Saucerers (2007)

David Clarke e Andy Roberts hanno pubblicato da soli o insieme diversi volumi. Segnalo fra gli altri

  • Randles, Jenny, Roberts, Andy, & Clarke, David (2000). The UFOs that never were. London: London House
    (in cui esaminano 8 eventi UFO britannici, alcuni dei quali assai noti anche all’estero, dei quali presentano l’evidenza che li porta a considerarli dovuti a cause identificabili).
  • Clarke, David, & Roberts, Andy (2002). Out Of The Shadows. Ufos, the Establishment & the Official Cover-up. London (UK), Judy Piatkus
    (sulla documentazione e sull’interesse “ufficiale” nel Regno Unito nei confronti degli oggetti volanti non identificati; ricordo che Clarke è uno dei due ricercatori, con Gary Anthony, che ha ottenuto nel 2006 la declassificazione del cosiddetto rapporto Condign; il volume suddetto è stato recensito da Jenny Randles su Fortean Times n. 162 e la recensione disponibile on-line qui).

Oggi mi è arrivato l’appena pubblicato:

Clarke, David, & Roberts, Andy (2007). Flying Saucerers. A social history of UFOlogy. Wymeswold Loughborough, UK: Alternative Albion

(La distribuzione del volume nelle librerie tradizionali britanniche è prevista dal 17 aprile, ma il volume era già disponibile nelle librerie web almeno dalla fine di marzo).

Di taglio divulgativo (ma si tratta di buona divulgazione), si occupa della storia sociale dell’ufologia britannica fino agli anni ’70: gli autori si occupano quindi di personaggi, gruppi e idee legati al Regno Unito (ma che spesso hanno avuto ben più ampia diffusione). E’ prefato da Shirley McIver, Senior Fellow all’Health Services Management Centre dell’University of Birmingham, che nei primi anni ’80 si occupò dell’ufologia britannica dell’epoca per il suo dottorato di ricerca in sociologia.

Ecco la quarta di copertina:

Since August 1945 the Western world has been fascinated with the notion of ‘flying saucers’, subsequently termed ‘Unidentified Flying Objects’ or ‘UFOs’. Numerous ‘experts’ have offered explanations, often involving extraterrestrial entities. These early experts promoted their beliefs enthusiastically. Some were undoubtedly sincere – although somewhat maverick – while a few might have been intentional ‘psychological con men’.

The various opinions of these ‘experts’ generated extensive tabloid and media attention in the 1950s and 60s with the result that reported sightings became wrapped up in any number of beliefs and legends. David Clarke and Andy Roberts carefully unpick the origin of these beliefs, looking carefully at the key individuals involved. This reveals how the paranoia of the Cold War era generated its own myths and also shows that many aspects of the subsequent ‘New Age’ ideology had their origins in the UFO cults.

Flying Saucerers is not written for people who believe in UFOs. Readers are not expected to believe in their ‘nuts and bolts’ existence, still less the prospects of a Close Encounter of the Third Kind. Instead it is both a social history and a history of ideas, revealing how the notions of a few inspired ‘experts’ evolved into one of its most pervasive modern day myths.

Ed ecco invece il comunicato stampa della Sheffield University presso cui Clarke insegna giornalismo:

Space babies and flying saucer religions

Issued 12/04/07

Dr David Clarke, lecturer in Journalism Studies at Sheffield Hallam University and co-author of Flying Saucerers, a Social History of UFOlogy, has been researching the folklore of UFOlogy for two decades with colleague Andy Roberts. Stories from the book include:

The Space Baby
Mum-of-two Cynthia Appleton claimed that she was visited in her Birmingham semi by beings from Venus in November 1957, one month after the launch of the first space satellite, Sputnik 1. The story took an even more bizarre turn in 1959, when the aliens told Cynthia she was going to give birth to a baby from Venus.

Her strange visitors insisted the child would be a boy and should be named Matthew. They said he would become a ‘leader of men’ at the age of 14. Just after midnight on 2 June 1959 Matthew was indeed born and press reports show that at 13 months there were no obvious signs of his amazing future. The book tells the full story up to the present day.

UFO cult investigated by Special Branch
A London taxi-driver, George King, founded a small cult in 1954 that grew to become an influential New Religious Movement with thousands of followers and branches across the world. The Aetherius Society was formed after King, a yoga devotee, claimed to have heard a disembodied voice announce: ‘Prepare yourself, you are to become the voice of Interplanetary parliament’, whilst meditating in his Maida Vale flat.

King continued to channel telepathic messages from alien intelligences until his death in 1997. His followers have dedicated their lives to spreading these messages, which include warnings of a future apocalypse and the dangers of atomic experimentation.

The book reveals how the society’s pacifist, anti-nuclear stance at the height of the Cold War brought them to the attention of the Metropolitan Police Special Branch who suspected the society might be a front for communists. Drawing upon papers released under the Freedom of Information Act, the book reveals how Special Branch sent undercover officers to monitor a rally organised by the society against Government secrecy on ‘flying saucers’ held in Trafalgar Square in 1958.

Dr Clarke said: “Belief in UFOs and aliens is a fruitful area of research for social scientists but until recently the idea of alien visitations as ‘a modern myth’ had received little attention, possibly because it is a phenomenon that is occurring here and now. For instance, an opinion poll in 1998 revealed that almost a third of UK residents believe that ‘extraterrestrial life has already visited earth’ and two per cent of those questioned claimed to have had direct experience of alien visitations.

“Flying Saucerers examines how and why people develop these types of beliefs. It examines how interest in ‘flying saucers’ originated in the USA at the height of the Cold War. When UFOs arrived here during the 1950s, the subject quickly became a British obsession with its own clubs, magazines and cast of famous believers which included celebrities such as Lord Mountbatten, Prince Philip and Lord Dowding, of Battle of Britain fame.

“The book isn’t about UFO sightings and doesn’t set out to debunk the claims of those who have had UFO and other extraordinary experiences. It is about the people who see, investigate and write about UFOs and what has led them to believe what they believe. Whatever opinion you hold, it cannot be doubted that belief in UFOs and aliens has shaped modern history and continues to do so.”

Notes to editors
Flying Saucerers: A Social History of UFOlogy, by David Clarke and Andy Roberts will be published by Heart of Albion Press on 17 April 2007.

For an advance copy please contact Bob Trubshaw, Heart of Albion Press on 01509 880 725 or visit www.hoap.co.uk/alternative.htm#FlSc

For press information contact: Contact Lorna Branton on 0114 225 5104

Lo scorso 29 marzo il volume era stato recensito da Nick Redfern sul suo blog qui.

Infine, per chi volesse un assaggio, un’anticipazione di quello che è oggi possibile trovare nel volume era apparsa su Fortean Times 211 (June 2006) in un articolo di Clarke dal titolo “Flying Saucers From Hell”, che è disponibile qui.